Il licenziamento per scarso rendimento

Il licenziamento per scarso rendimento

Autori: Flavio Baraschi e Marco Proietti

La semplificazione delle regole che governano il rapporto di lavoro ha imposto un’ampia riflessione sulla visione “classica” del confronto tra imprenditore e prestatore, che si esprime con la massima accentuazione del vincolo fiduciario e del controllo sull’efficienza della prestazione resa; l’attività produttiva viene così intesa come un unicum poiché tanto più è efficace l’azione dell’imprenditore tanto più vi saranno prospettive per i propri dipendenti e, al contempo, più efficientemente viene resa l’attività dal lavoratore tanto più ne beneficerà l’impresa e tutto il complesso dei lavoratori addetti.
Non è un caso se le spinte verso una retribuzione a carattere premiante sono state sempre maggiori negli ultimi anni, proprio in quanto si è alla ricerca di quella compartecipazione reale all’attività imprenditoriale che consenta il superamento del più antico dei conflitti sociali.
In questo contesto, da tempo ci si confronta sulla possibilità di intervenire qualora la prestazione resa dal lavoratore sia del tutto insufficiente rispetto alle attese e agli investimenti da parte dell’imprenditore. E’ dunque possibile il licenziamento del “fannullone” o di chi, privo delle richieste capacità professionali, renda una prestazione improduttiva?
Evidentemente si.
Può configurarsi un licenziamento per giustificato motivo soggettivo ogni qual volta il rendimento, insufficiente, è determinato da un inadempimento colpevole del lavoratore o comunque da una negligenza oggetto di contestazione disciplinare; diversamente, si parlerà di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (economico) se l’inadempimento è incolpevole e, semplicemente, il dipendente renda una prestazione improduttiva che rappresenti un costo non sostenibile dall’imprenditore.
 

Il licenziamento per scarso rendimento
Pubblicato Giuffrè Editore